L’arrivo a Cerbaiolo
Questo mi ha resa più tranquilla, perché è stata una conferma, sono andata avanti senza pensare ad altre vie; ero disposta a farla in mezzo al mondo, questa vita, però nel mio cuore c’era il desiderio di un luogo solitario dove poter andare almeno una volta ogni tanto e stare 15 o 20 giorni per isolarmi un pò.
Si; ho cercato, sono andata a vedere un luogo, non mi ha detto niente e poi ho progettato una visita qui, perché un padre mi disse: “Io conosco un luogo abbandonato, è Cerbaiolo, che la Soprintendenza dei Monumenti dice a noi di prenderlo, ma come facciamo che diamo via i nostri, non sono più abbastanza i frati per popolarla.” – “Ma Lei l’ha visto, padre?”
No, e allora ci siamo messi d’accordo per il 18 febbraio del 66. Sono venuta qui, ci siamo incontrati. Io andai a Sansepolcro, ci siamo trovati al pullman, con quale io ero arrivata, e poi abbiamo preso la strada chiedendo, perché anche loro non la sapevano, e siamo arrivati qui. Lì a quel ponticello, dove c’ è il cimiterino, pioveva, loro avevano un ombrello, io non avevo niente, solo il capotto, ma quando ho visto questi avanzi di strutture, mi sono messa a correre per quella salita, in un baleno sono arrivata qui in mezzo alle macerie, e ho dovuto piangere, piangere, perché finalmente sentivo di averlo trovato.
Si.
Non ho avuto mai, mai, nessun dubbio. Il Signore mi ha dato prova che io avevo capito bene.

Oggi
Le mie giornate si svolgono come vuole la circostanza, perché ogni giorno sempre diverso dall’altro.
Io mi guardo bene di lasciare la cucina, perché qui è il mio riferimento.
Non ho bisogno di andare in chiesa e a dire la verità, non mi sento danneggiata, perché ho sempre fatto quello che il Signore mi ha chiesto, e sottoscritto, perciò sono andata fiduciosa sempre da ogni parte.
Il mio desiderio è andare al Paradiso! Quello senz’altro.
Quello lo desidero e quello che penso perché solo pochi giorni fa ho compiuto ottantaquattro anni! Quindi, non ho molto da girare nelle selve, sarà meglio che non mi sposti, altrimenti perdo del tempo prezioso.
Adesso sento proprio, chiusa, che era la mia attività.
Devo controllare che Cerbaiolo non soffra, quello sì.
Mettere dei pali fissi, ben robusti, e poi dopo che sarà, rimarrà nelle mani dei responsabili o di chiunque voglia venire.
È un lavoro, questo, che, se uno lo prende dalla storia, ma è un monumento che ha tante cose da dire.
Sono contenta di aver potuto dare una mano e anche di viverci; tutto sommato sono 43 anni, ma sono passati, che non me ne sono accorta… sembra ieri, ma davvero… ma davvero… Io mi vedo ancora la prima volta in quella salita, con i frati sotto l’ombrello alle spalle, io ho volato e non me ne sono accorta. Adesso quando vedo questa salita, ultima mi chiedo: come ho fatto a farla di corsa e non accorgermene? Io che avevo vissuto sempre nel piano?
Ah, no no, e poi – Dio mi ha dato una mano e mi ha anche tranquillizzato e assicurato che io avrei potuto sognare un ripristino; ci son voluti due anni, per chiarire tutto e sbrogliare tutto. Ricordo sempre la mia prima notte qui, quella notte, un concerto di uccelli, laggiù alla cappella di S.Antonio. Andai là a dormire su una panchetta che tengo qui, perché non la voglio dimenticare, perché adesso ci sono delle panche lì – ma i gatti vanno a farsi le unghie. È stato una meraviglia, perché poi mi svegliavano gli uccelli!
Sono al cento per cento entusiasta, come fosse il primo giorno!

Intervista raccolta il 12 febbraio 2009 e sintetizzata da Stefanie Risse

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